In rappresentanza della Camera Civile di Catania, porgo il saluto a Sua Eccellenza il Presidente della Corte d’Appello ed a tutte le Autorità presenti.
Rileggendo gli interventi della Camera Civile nelle passate cerimonie non si può fare a meno di notare che essi ruotano sempre attorno all’eterno problema della “crisi della giustizia civile”.
L’anno scorso abbiamo riferito della interlocuzione che le Camere Civili – unitamente a CNF, OCF, ANM e AIGA – hanno avuto con il Sig. Ministro della Giustizia sul progetto di riforma del rito civile, che ha visto la luce nella forma del Disegno di Legge Delega presentato lo scorso 9 gennaio al Senato. Abbiamo apprezzato il metodo, basato sul dialogo, anche se, almeno allo stato, il risultato non è quello da noi auspicato.
La Giustizia non può e non deve essere lenta, ma il fine di qualsiasi intervento riformatore non può essere soltanto di affrettarne i tempi senza spendere soldi, o spendendo il meno possibile.
La Giustizia non si può valutare e riformare solo su dati statistici: ogni processo racconta la storia di esseri umani, che non sono numeri, destinati a perdere ogni importanza nella estrapolazione statistica.
Comprendiamo e rispettiamo le esigenze del mercato, ma il mercato è il luogo dell’utile, non quello del giusto, e noi avvocati, che facciamo da tramite fra l’amministrazione della Giustizia ed i cittadini, non possiamo aderire a scelte che rispondono a ragioni soltanto utilitaristiche. Ai cittadini non si devono creare illusioni: le riforme, forse neppure necessarie, non bastano.
Quella del processo civile, alla prova dei numeri, non ne accorcia affatto i tempi.
Per esempio, l’unificazione dell’atto introduttivo nella forma del ricorso dicerto non può essere considerata la norma chiave per l’accelerazione del processo, non dipendendo i tempi delle cause dalla forma dell’atto introduttivo.
L’interlocuzione al tavolo ministeriale ha dato alcuni frutti (per esempio, la proposta di abrogazione del filtro in appello), ma non il risultato di far desistere il Governo dall’idea di una ennesima complessiva riforma del processo civile, che, fra l’altro, disperderebbe tutto il patrimonio di riflessioni ed interpretazioni fin qui fatto sull’impianto oggi vigente da parte di dottrina e giurisprudenza.
Diciamo da tempo che la lentezza ed inefficienza del processo civile non dipendono dal suo rito e dalla sua struttura, se non in minima parte, ma da altri problemi:
– dai cronici deficit strutturali;
– dalla cronica mancata copertura dei posti previsti nelle piante
organiche della magistratura, stimate oggi in poco più dell’11% del totale, e del personale di cancelleria (ma, a tale proposito, salutiamo con favore l’aumento di 600 unità della pianta organica dei magistrati ordinari, ed attendiamo con ansia l’immissione in servizio degli oltre1.000 magistrati che usciranno dai concorsi in fase conclusiva);
– ancora più a monte, dalla necessità di rivedere il sistema dell’assegnazione e distribuzione delle sedi e delle funzioni. Rammentiamo che l’eccessivo numero medio di fascicoli per singolo giudice(conseguenza spesso dei vuoti di organico) determina, fra l’altro, enormi ed inaccettabili rinvii, anche di due anni, fra l’ultima udienza istruttoria e l’udienza di precisazione delle conclusioni.
Rammentiamo anche la vera e propria piaga costituita dai frequenti rinvii dei processi sine die, anche di anni, in attesa dell’insediamento di un nuovo giudice che subentra ad un giudice che cambia ufficio, stante che l’attuale normativa incredibilmente non prevede la contestualità dei due eventi.
É evidente che nessuna riforma potrebbe incidere su tali problemi. Ma anche l’aumento di 600 posti delle piante organiche della magistratura di merito appare decisamente insufficiente.
E l’insufficienza si coglie nell’esame della distribuzione di tali posti: per il Distretto di Catania è previsto un aumento di soli 16 posti, di cui solo n. 3assegnati al Tribunale di Catania, civile e penale !
Anche l’osservatore più distratto si renderebbe conto della assoluta inadeguatezza di tale aumento.
E nonostante ciò, vi sono segnali di speranza.
La durata dei processi civili è diminuita. I dati del 2018 evidenziano che la durata media dei processi di primo grado è di 389 giorni, con eccellenze di174 giorni, e che, in quasi tutte le regioni, il processo termina prima di un anno e mezzo (fonte art. sole 24 ore 25 novembre 2019).
L’arretrato è diminuito.
Accanto a tali segnali, osserviamo che dall’esame della Relazione Tecnica sul progetto di determinazione delle piante organiche del personale di magistratura, trasmessa al CSM il 16 dicembre scorso, il dato relativo alla sensibile riduzione delle pendenze civili viene definito con soddisfazione il “dato migliore” degli ultimi anni, dovuto in massima parte – cito testualmente – “alla riduzione delle nuove iscrizioni che ha caratterizzato l’ultimo quinquennio”.
Ebbene, riteniamo che tale dato, al contrario, sia il sintomo principale del malessere.
Le sopravvenienze diminuiscono perché il cittadino e le imprese sono delusi e sfiduciati, per via dei tempi lunghi, dell’alea ed incertezza delle decisioni, degli alti costi e della complessiva inefficienza del sistema.
E la delusione e sfiducia dei cittadini e delle imprese nella giustizia la colgono quotidianamente gli avvocati nei propri studi professionali.
E la stratificazione delle inefficienze si coglie anche in episodi minori. È di qualche giorno fa la notizia della sottoscrizione di un protocollo d’intesa fra l’Ufficio del Giudice di Pace di Nocera Inferiore e il locale Ordine degli Avvocati per la regolamentazione di attività di supporto alla cancelleria svolta da praticanti avvocati, a titolo volontario e gratuito, a causa della gravissima situazione di arretrato e inefficienza in cui versa da anni quell’ufficio, nonostante le innumerevoli proteste degli operatori e degli avvocati.
Episodi come questo – più frequenti di quello che si pensi -, al di là della condivisibilità o meno dell’iniziativa dell’Ordine degli avvocati (che, però, era stato mosso dalla “disperazione” derivante da innumerevoli appelli inascoltati), confermano la percezione, diffusa nel nostro Paese, del sostanziale disinteresse delle autorità preposte ad una reale soluzione delle inefficienze della Giustizia.
E d’altra parte, negli ultimi anni si sono susseguiti interventi spot che sembrano finalizzati a scoraggiare con la forza le persone dall’adire il giudice, introducendo gabelle, filtri o rendendo le impugnazioni inaccessibili ai più deboli sul piano dei costi, proprio mentre la crisi li privava di possibilità economiche.
La “giustizia” del processo è stata misurata non sul livello di tutela che assicurava, ma soltanto sui tempi del suo svolgimento, quasi fosse più importante il mero dato temporale rispetto a procedure che garantiscono un giusto processo. Il processo serve per stabilire chi ha ragione e chi ha torto, e quindi può essere considerato efficiente soltanto se, in un tempo ragionevole, consente di pervenire con ragionevole certezza a quel risultato.
Tutto questo, ha inciso in maniera drammatica sulla credibilità della Giustizia e, con essa, di noi operatori.
Anche se i problemi permangono, le Camere Civili continueranno il dialogo con le Istituzioni, con la politica, con gli altri protagonisti dell’esercizio diffuso della giurisdizione. Con questi auspici, formuliamo i migliori auguri per il nuovo anno giudiziario.